Il 31 gennaio 2105 - in coincidenza con il Meat Abolition Day - si è svolto
il secondo presidio davanti al mattatoio di Roma in Viale Palmiro Togliatti.
Nonostante il freddo, vento e pioggia si sono
riuniti nel piazzale antistante la struttura più o meno duecento attivisti,
aggiungendovi una partecipazione pacifica e molto sentita allo stesso tempo.
Sono state fatte delle letture e commenti a stralci di un’intervista - letta
sul posto - a una persona che ha
lavorato in incognito dentro un macello: per meglio far capire l’alienazione
insita in determinati mansioni e mestieri che vengono considerati “normali e
necessari” e per meglio mettere in correlazione pratiche di violenza sui corpi
con altre ancora più invisibili all’interno della nostra società.
Parte del presidio si è svolto inoltre lungo la via
di scorrimento delle auto così da attirare l’attenzione dei passanti sulle
immagini raffigurate nei cartelli e striscioni sorretti dagli attivisti: immagini che mostrano la
realtà di quanto avviene dentro ai mattatoi, quindi di animali che stanno per essere
uccisi; immagini dei loro occhi, dei loro sguardi, delle loro bocche distorte
in un ghigno di terrore e dolore, alternate ad altre che invece li raffigurano
liberi e felici in natura, così da rendere evidente il contrastro tra ciò che
gli spetterebbe di diritto – vivere in pace la loro esistenza – e ciò cui
invece la società e cultura in senso ampio del dominio li costringe a subire.
Animali protagonisti dunque e per questo il presidio
– che è parte di una campagna ben più ampia che va sotto il nome di Nomattatoio
(con relativa pagina FB
e presto anche un sito ufficiale) non è sponsorizzato da nessuna associazione,
ma organizzato e portato avanti da singoli attivisti.
Lo scopo di questi presidi che vedranno una cadenza
mensile (il prossimo è previsto per il 28 febbraio, data da confermare) è
quello di arrivare a una partecipazione sempre più massiccia - sperandando che
altre città si uniscano a noi - così da destare l’attenzione dei media e
avviare un serio dibattito pubblico sulla legittimità o meno del consumo di
carne; diremmo dello sfruttamento degli animali in generale: ma ovviamente,
essendo il numero di animali uccisi per fini alimentari il più alto in assoluto
ed essendo tale pratica condivisa all’unanimità dalla nostra società e
considerata erroneamente “normale, naturale, necessaria”, pensiamo che
rappresenti un po’ il fulcro della questione, anche simbolicamente. Crediamo
che i tempi siano maturi per portare le persone a riflettere su determinate
pratiche che nascondono violenza e soprusi su individui senzienti. Crediamo
altresì che se davvero c’è bisogno di occultare i mattatoi e ciò che avviene al
loro interno sia indice del fatto che la società tutta ha un problema, un
problema che non riguarda solo gli attivisti animalisti, ma ognuno di noi. Gli
operatori dei macelli svolgono un lavoro alienante affinché le persone comuni
abbiano la loro fettina di carne nel piatto e quindi è indubbio che vi sia una
corresponsabilità condivisa.
Per questo torneremo ancora
lì, davanti a questi luoghi tragici, per responsabilizzarci tutti quanti e
sensibilizzare chi ancora non ha mai riflettuto sulla questione animale. Con la
speranza che guardare un animale negli occhi non ci procuri più vergogna, ma
sentimento di reciproco rispetto.
(Rita Ciatti e Eloise
Cotronei)
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